martedì 28 ottobre 2008

Animali clonati: li mangiamo o no?

Nella periferia di Cremona c’è un laboratorio che si occupa di tecnologie della riproduzione animale dove sono stati portati a termine esperimenti su animali clonati. Nel 2003 fu la volta di un cavallo clonato: nessuno era mai riuscito a duplicarne un animale come il cavallo, ma ora il tentativo è andato a buon fine. Una cavalla ha partorito facendo da madre surrogata dopo aver donato anche il materiale genetico; un nucleo di questo materiale è stato trasferito in un ovocita e l’esperimento è riuscito in pieno. Ne è nata una cavalla tuttora in salute. Difficile distinguerla dalla madre: appena visibili infatti le differenze: questo perchè le cellule del pigmentonon migrano mai in modo sovrapponibile, creando un gemello perfett: restano piccole differenze. Seguendo questi esempi si potranno riprodurre anche cavalli campioni di corsa, che come da tradizione, sono castroni incapaci di riprodursi. Ora con la clonazione si potrà attenere una copia esatta del cavallo campione, ma occorrerà che questo animale sia influenzato anche da fattori esterni di crescita e di allenamento; allora il cavallo clonato diventerà a sua volta un campione di corsa al trotto.

Quello che può tranquilizzarci è che gli animali clonati esistono solo nei laboratori: non negli allevamenti di animali atti alla macellazione quindi: quando compriamo una porzione di carne in macelleria possiamo stare sicuri che non si tratta di un animale clonato. Questo almeno fino ad ora: ma già l’autorità europea per la sicurezza alimentare ha dichiarato che gli animali clonati sono <> e con gli stessi pricipi nutrizionali degli animali, diciamo, normali. Anche l’ente americano Food and Drugs Administration è d’accordo. Secondo la EFSA, autorità europea, il consumo di carne e di latte ottenuti da animali clonati non è pericoloso; mentre invece Coldiretti e Federconsumatori non sonop d’accordo e vogliono opporsi alla risoluzione europea. Occorre essere concreti: la duplicazione genetica ha costi elevati, quindi i primi animali clonati saranno utilizzati per riprodurre altri animali: questi saranno quelli che verranno consumati nelle nostre tavole. Il che significa che dal momento della delibera passeranno alcuni anni prima di poter trovare nei supermercati carne di animali clonati. L’ente americano che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici ha pubblicato un documento di circa mille pagine; si dichiara che i cibi provenienti da animali clonati e i loro derivati sono <>. Cade così l’ultima barriera per il commercio statunitense di carne e latte clonati.

La gestione dei rifiuti

Il ruolo centrale delle politiche ambientali è il corretto smaltimento dei rifiuti in una società dove lo scarto prodotto dalle città è in costante aumento. Si tratta di un progressivo aumento che sommato ad una crescente pressione esercitata sulle risorse ambientali, rappresenta la sfida odierna della società contemporanea. La produzione di RSU, rifiuti solidi urbani, ma anche quella di rifiuti industriali si è quintuplicata nell’ultimo decennio. La produzione di rifiuti è un processo inarrestabile, quindi il primo imperativo è quello di ridurre i rifiuti al minimo. Occorre tentare di ridurre al minimo i rifiuti di quelle sostanze che per la bioaccumulazione, cioè la loro persistenza nell’ambiente sotto forma di scarti, e la tossicità degli stessi sono dannose per la salute umana e per l’ambiente. Un altro obiettivo da raggiungere e da difendere rappresenta il riciclo e il riutilizzo del materiale di scarto, giungendo infine a ridurre la massa totale del materiale buttato via.

Il trattamento dei rifiuti è un processo consistente di varie tecniche, volte a ad assicurare che i rifiuti abbiano il minor impatto ambientale, qualunque sia la lloro destinazione. Le pratiche di trattamento di questo scomodo materiale si differenziano tra Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo; inoltre nelle città e nelle campagne nazionali, varia a seconda che i produttori siano cittadini residenti, o produttori industriali o commerciali. Nelle aree urbane delle nostre città il trattamento dei rifiuti è di competenza delle autorità di governo locale, mentre per le utenze commerciali la responsabilità è riservata a chi produce il rifiuto stesso.

La tecnologia meno attraente e voluta dalla popolazione dei centri urbani e suburbani è quella del conferimento in discarica; se pur attrezzate queste discariche non eliminano il problema; il fine ultimo è infatti lo stoccaggio, la conservazione del materiale nocivo, che se pur regolata dalla tecnologia, rappresenta la spina nel fianco del problema rifiuti. La discarica è progettata tanta più sicura quanto più è alto il livello di tossicità ambientale del rifiuto stesso, ma esiste ed è sentita una opposizione pubblica al collocamento di nuove discariche, per timore di contaminazione dell’aria e delle falde acquifere del sottosuolo.

La raccolta differenziata offre una valida alternativa alle discariche; innanzitutto il materiale raccolto tramite appositi contenitori, viene diviso: da una parte la cosiddetta frazione organica, quale rifiuti di mercati alimentari e di abitazione, oltre alle potature di parchi e giardini pubblici e privati. Dall’altra la cosiddetta frazione secca, costituita da carta e cartone, da plastica e altri materiali solidi. La frazione organica viene avviata verso impianti di compostaggio dei rifiuti, che tolti gli scarti daranno compost di qualità, cioè concime organico ad alto rendimento, che viene usato in agricoltura. La frazione secca, tolti gli scarti, viene inviata a consorzi di riciclaggio, cioè ad una rete ecoproduttiva. Quindi le due direzioni sono: riciclaggio, per le frazioni secche e compostaggio per le frazioni umide.

 

 

 

 

La raccolta differenziata è una strategia organizzativa e tecnologica che attraverso il riciclaggio si propone di riutilizzare come materie prime i materiali di scarto altrimenti destinati allo smaltimento in discarica o all’incenerimento.

In Italia si dice che anche se la raccolta differenziata sta progressivamente aumentando i propri valori, ancora è inferiore alle potenzialità reali: Apparati posti a regime ottimale hanno dimostrato, in Paesi del Nord europa, che la raccolta differenziata può essere un affare remunerativo quando raggiunge la cifra del 50%: nel panorama nazionale siamo intorno a valori di poco superiori al 30%.

I materiali che conferiti e raccolti intelligentemente possono essere riciclati sono molti: metallo, carta, vetro e plastica, purchè monomateriali e cioò costituiti da un solo aggregato chimico; non quindi i cartoni di latte e vino o acqua, dannosi poliaccoppiati di difficile smaltimento: si chiamano così perché ci sono strati sovrapposti di diverso materiale a formare le pareti del contenitore, e contengono nylon, carta e foglio di alluminio a così compressi da non poter più essere scissi.

 

 

Ricicla il tuo cellulare

’ultima novità per quanto riguarda il riuso delle risorse. Era stata la raccolta differenziata di apparecchi elettrici ed elettronici, lanciata questo 2007. Ora c’è di più. Si è pensato di raccogliere, per un eventuale riciclo, i telefonini usati e i loro caricabatteria: in Europa questa raccolta dà ancora pochi frutti, ma il nostro plausa va al Comune di Luvinate, presso Varese, che ha intrapreso questa campagna di riciclaggio, basandosi sul fatto che i telefonini vengono cambiati spesso dai proprietari; per alcuni utenti ancora legati ai gsm dual band, ci sono molti patiti del nuovo: per avere l’ultimo modello di telefonino, sono pronti a cambiare apparecchio con la stessa facilità con cui cambiano un capo di abbigliamento. E’ stato calcolato che circa il 60% della popolazione europea è pronta a cambiare il cellulare dopo il solo primo anno di vita dello stesso. Questo porta a colossali vendite, si calcolano oltre cento milioni di apparecchi venduti ogni anno. Nessuno ha mai censito dove questi apparecchi, una volta ritenuti obseleti dai proprietari o in caso di guasto spesso non riparabile, possano andare a finire. Probabilmente nei rifiuti comuni, i Rifiuti Solidi Urbani. Questo comportamento va rivisto: i cellulari abbandonati nell’ambiente inquinano. Innanzitutto per le lora batterie chimiche al cadmio e al cromo, poi per i componenti elettronici, le cui schede su cui sono installati sono pericolose per l’ambiente, in quanto contengono componenti tossici. Solo 2,5 milioni di telefonini su un parco di cento milioni vengono riciclati dopo l’uso: occorre agire in controtendenza.

 

Per ora nel Comune di Luvinate la sperimentazione della raccolta differenziata ha dato i primi frutti: l’iniziativa infatti ha riscosso apprezzamento da parte della cittadinanza e dei media, e un risalto positivo è stato dato all’intera operazione. Si calcola che ci sarà anche un riscontro economico: il ricavato andrà a progetti di solidarietà. Si creeranno possibilità di lavoro per persone svantaggiate socialmente, le quali verrebbero coinvolte nella raccolta stessa. Inoltre i fondi raccolti potranno servire alla realizzazione di opere di assistenza alle fasce più deboli della popolazione. Questi progetti saranno realizzati dalla locale Caritas Ambrosiana. E’ infatti la Caritas che si assesta al primo posto in questa corsa ecologica verso il riciclo: la cooperativa sociale Vesti Sociale, promossa appunto dalla Caritas Ambrosiana, dal 1998 opera nel settore delle raccolte differenziate destinate a riutilizzare materiali recuperati sul territorio. Questo comitato raccoglie indumenti usati e apparecchi ospedalieri obsoleti, e ha ritenuto “naturale” allargare il proprio campo di operazione alla raccolta differenziata finalizzata al riciclo e riutilizzo di telefoni cellulari obsoleti e/o non più funzionanti. Nell’estate di questo anno appena trascorso c’è stata la sperimentazione del progetto: circa 150 parrocchie e 10 ipermercati Coop sono stati coinvolti durante la prima sperimentazione: ottimi i risultati. Apprezzamento da parte degli utenti e dei media e un significativo risalto presso la cittadinanza.

lunedì 6 ottobre 2008

Surriscaldamento globale

Surriscaldamento globale

Il clima sta cambiando

 

La concentrazione atmosferica di anidride carbonica (chiamata comunemente CO2), che determina il surriscaldamento del pianeta, è causata dall'uso intenso di combustibili fossili quali il petrolio, il carbone e il gas naturale. Il riscaldamento globale è ciò che in inglese si chiama global warming e che nella letteratura scientifica indica l'aumento progressivo della temperatura media dell'atmosfera terrestre e degli oceani: il termine corretto è surriscaldamento. Quando questo avviene non ce ne accorgiamo; ma aumenta la concentrazione atmosferica di anidride carbonica. Negli ultimi due secoli, dalla rivoluzione industriale in poi, l'uso dei carburanti fossili ha immesso nell'atmosfera il carbonio sotto forma di anidride carbonica: Questo carbonio si era accumulato milioni di anni fa e si era inglobato con il sottosuolo ad opera della vegetazione e degli animali, passando dalla forma gassosa di anidride carbonica a quella solida o liquida di petrolio, carbone o gas naturale.La combustione contemporanea dei combustibili fossili ha quindi invertito il processo reimmettendo nell'atmosfera il carbonio sotto forma di CO2. C'è un polmone di scambio nel nostro pianeta per tutta questa CO2, fortunatamente, ma ne stiamo inficiando la capacità. Questo polmone si chiama biomassa vegetale ed ha assorbito la CO2 sin dalla notte dei tempi. Il nostro pianeta quindi riassorbe una quantità enorme di CO2; ma in questa epoca di inquinamento assorbe solo metà della quantità che dovrebbe e l'incremento della CO2 è ulteriormente amplificato dal surriscaldamento degli oceani: disciolte nei nostri mari abbiamo disciolta una grande quantità di CO2 ed il riscaldamento delle acque ne causa l'emissione in atmosfera. La CO2 è inoltre un gas serra: cioè uno di quei componenti atmosferici che produce l’effetto serra: un fenomeno naturale e necessario per consentire la vita sulla  superfice del pianeta.

Non è facile dire se l’origine del surriscaldamento sia dovuta a cause antropiche, cioè direttamente collegate con la vita umana: da notare che gli astronomi hanno notato un aumento della temperatura sui pianeti: Giove ha visto un aumento di 10 gradi rispetto alla media e su Marte si è verificato un processo simile alla Terra: cioè lo scioglimento di una calotta polare. Se l’origine dunque non fosse antropica, il surriscaldamento sarebbe causato dalle variazioni di quantità della polvere stellare che filtra i raggi solari; o forse si tratta di una causa a noi sconosciuta. Ma credo fondata la tesi dell’inquinamento come causa del surriscaldamento: dalkla Rivoluzione Industriale in poi i valori di temperatura dell’atmosfera terrestre espressa ingradi centigradi e i valori di inquinamento dell’aria che respiriamo son cresciuti entrambi.

 

 

Onde elettromagnetiche

Onde elettromagnetiche

Un nuovo inquinamento

 

La trasmissione via etere di segnali viene utilizzata da oltre un secolo, da quando cioè Guglielmo Marconi scoprì la trasmissione a distanza delle onde radio: ogni trasmissione radio utilizza due stazioni connesse da una tratta di onde elettromagnetiche che sono collegate per mezzo di due antenne trasmittenti e riceventi. Le onde radio sono radiazioni elettromagnetiche ed è ormai scontato che vi è un continuo scambio di energia e di radiazioni tra cielo e terra.

 

L’uomo vive in questo interscambio: sappiamo che il DNA è il costituente molecolare dei nostri corpi; occorre sapere che questo DNA entra in risonanza, nel proprio nucleo cellulare, con le onde elettromagnetiche che può assorbire o emettere. Dagli anni venti sappiamo che i campi magnetici elettrici prodotti da frequenze di 750 MHZ hanno effetti ben definiti sull’organismo. Sono i campi magnetici sia in bassa che in alta frequenza che sono risultati nocivi per l’uomo: leucemie e tumori del sistema nervoso sono le patologie indicate da organismi internazionali come conseguenze dovute a questa forma d’inquinamento.

 

Intorno alle nostre città e dentro le città più grandi trovano spazio elettrodotti e ripetitori per telefonia cellulare: presso il Codacons è attivo uno sportello che si occupa degli effetti provocati dall’elettrosmog sulla salute umana. Le apparecchiature che produco campi elettromagnetici possono causare inquinamento nell’ambiente circostante, provocando danni fisici e psichici alle persone sottoposte a lunghe irradiazioni. Da porre sotto accusa senz’altro le stazioni radio base costruite su edifici abitati, scuole o ospedali; minuscole stazioni radio base sono costituite dai telefonini che continuamente ci portiamo dietro. Per quanto riguarda l’alta frequenza sono dannosi i tralicci elettrici. Per stazione radio base si intende il sistema costituito dalle antenne, dai ricetrasmettitori, dagli apparati di controllo e dalle loro strutture che consentono di fornire la copertura radio necessaria per il funzionamento dei terminali di telefonia mobile, cioè i telefonini.

L’inquinamento elettromagnetico è quindi diventato uno dei temi che maggiormente peroccupano; specialmente come conseguenza della stragrande proliferazione di antenne televisive e ripetitori per telefonia mobile: il nostro paese ha il porimato di antenne televisive in rapporto alla estensione del territori e alla popolazione. Abbiamo sei volte il numero di antenne di tutto il territorio degli stati uniti.

 

Nel campo delle microonde, la diffusione della telefonia radiomobile, ha comportato un significativo incremento dell’esposizione a queste radiazioni. Ma quello che spaventa è che questo inquinamento, a differenza di altri, non “si vede” e non “si sente”. Invisibilità come per i raggi infrarossi: ma quando siamo al sole, in una giornata torrida, i raggi solari ci scaldana e producono l’effetto di calore colpendo i nostri corpi: quando invece ci trapassano le onde solari non ce ne accorgiamo, come per la radioattività. L’effetto delle radiazioni non ionizzanti è quello della rottura dei lagami atomici e molecolari. Un campo elettrico è una regione di spazio dove si manifestano forze sulle cariche elettriche, dando possibilmente origine, se le cariche sono libere di muoversi, a correnti elettriche; analogamente, un campo magnetico è una regione di spazio dove si manifestano forze sui dipoli magnetici e sulle correnti elettriche; anche il campo magnetico è in grado di generare correnti nei materiali conduttori, poiché determina in essi un campo elettrico indotto.

 

Se poi vogliamo improvvisarci detectives dell’inqinamento elettromagnetico ecco alcuni metodi: in caso di elettrodotti o cabine di trasformazione se ci si avvicina alla zona da analizzare tenendo in mano una lampada al neon a tubo, impugnandola al centro, in caso di forti campi elettromagnetici questa emetterà una luminescenza proporzionale all’intensità di campo elettromagnetico di induzione. Una radiolina sintonizzatain AM capta facilmente il ronzio di alternata che indica la presenza di un campo elettrico. Se si misura il campo magnetico terrestre a meno di venti cm da un elettrodotto ci sarà una deviazione più o meno accentuata. Inoltre i ronzatori lampeggianti di onde radio.

Inquinamento da autoveicoli

Inquinamento da autoveicoli

 

Veleno intorno a noi

 

C’è stata in questi giorni la decisione del Comune di Milano di adottare un sistema di tassazione per le auto circolanti detto ecopass, al fine di ridurre il numero di auto in città, alias ridurre il livello di inquinamento. Tutto questo fa riparlare di inquinamento cui sono vittime i pedoni e chi vive vicino alle principali arterie di transito.

Ma di inquinamento occorrere parlarne sempre e non solo in queste occasioni: infatti già è stato evidenziato che l’aria inquinanata ha effetti negativi sulla funzione polmonare infantile, causati dalla esposizione al Particolato, fattore inquinante costituito da microparticelle fenomeno della combustione di carburante di auto  e automezzi.

 

Da alcune statistiche risulta che i sintomi dell’asma in età infantile sono aumentati del 200% negli scorsi anni. Questo anche se alcuni dei casi posti in luce sono effetto di una maggiore attenzione scientifica diagnotica. Tutto questo porta ad asma in età adulta. Una relazione tra elementi cancerogeni delle emissioni di scarico delle auto e incidenza medica in casi di cancro al polmone era già stata stilata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Ma ora uno studio tutto italiano smentisce questa affermazione. Si tratta di affermazioni di Umberto Veronesi, direttore medico dell’istituto europeo di oncologia. Secondo questo ricercatore solo una minima parte dei tumori possono essere posti in relazione con l’inquinamento.

 

Un nuovo studio ha invece mostrato che esposizioni anche brevi ma al traffico intenso hanno effetti cardiovascolari negativi specialmente per i coronaropatici, sottopopolazione che può essere più suscettibile ai rischi dewll’inquinamento per il cuore. Secondo la associazione italiana medici per l’ambiente, nel nostro Paese si possono contare fino a 35mila casi di bronchiti ogni anno. Parallelamente all’aumento del traffico nelle città avviene un incremento del numero di polveri sottili per unita cubica di atmosfera. Il particolato esiste in quantità maggiori nelle zone di traffico intenso. Il particolato è quella mistura di polveri microsottili che vengono emmesse dai tubi di scappamento delle automobili. Ma questo non basta a preoccuparci: analisi dell’aria delle città hanno dimostrato che oltre alle polveri sottili, come il particolato, nell’aria c’è dell’altro. Si tratta di elementi come sabbia o terra presenti nelle città: queste micropolveri si insinuano fino alla periferia dei polmoni e sono causa di forti irritazioni.

 

 

Disoccupazione

Disoccupazione

Un fenomeno dei nostri giorni

 

Le persone appartenenti ad un dato gruppo sociale che pur aspirando ad una occupazione non la trovano sono i disoccupati, cioè coloro che pur avendo la disponibilità ad iniziare una attività retribuita, non riescono a farlo. In alcune aree dell'Europa la disoccupazione colpisce i più giovani, in altre i lavoratori di lungo periodo che non riescono a tenersi aggiornati; in altre zone abbiamo una grande percentuale di disoccupati in possesso di un titolo di laurea in quanto risultano questi in soprannumero rispetto alle necessità intrinseche del mercato del lavoro.

 

Ma il problema, confrontandoci con il resto dell'Europa dei 25, risulta essere la disoccupazione giovanile; un quarto dei nostri disoccupati ha meno di 25 anni, peggio di noi si assesta la Grecia, la Slovacchia e la Polonia. In altri Paesi il dato è esattamente l'opposto; nel Regno Unito la disoccupazione degli 'over 40' è molto più frequente, rispetto alla media. A mio avviso la disoccupazione non è un problema che si è venuto a verificare soltanto nella nostra epoca: già l'avvento della rivoluzione industriale con le macchine a vapore di Watt e la automazione degli strumenti di lavoro portò allora disoccupazione. Sorse addirittura un movimento di rivalsa estrema chiamato luddismo e che vedeva i lavoratori licenziati attaccare e distruggere i centri di produzione che stavano licenziando operai per via dell'utilizzo di macchine che sostituivano l'uomo. Attualmente la disoccupazione non è causata dalla notevole presenza di macchine nella fase produttiva, ma piuttosto dalla scelta neoliberista di non trasformare la quantità di lavoro necessaria in occupazione stabile. Alcuni storici fanno risalire il problema dell'occupazione alle scelte politiche del periodo dell'unificazione d'Italia, avvenuta nel 1861.

 

Allora si sviluppò un sistema economico di tipo feudale nel Sud Italia, mentre nel Centro-Nord si sviluppò un sistema politico-istituzionale che permise un considerevole sviluppo della marineria commerciale. Con il passare delle generazioni punte statistiche della presenza di disoccupazione si ripresentano con regolarità dopo un cambiamento di paradigma produttivo. Il nostro è un Paese simbolo della disoccupazione nei Paesi cosiddetti industrializzati; è rappresentato dai lavori stagionali e dal lavoro interinale, dei contratti di collaborazione e più in generale dei contratti atipici. IL mercato del lavoro nel nostro Pese sembra indirizzato verso un modello americano riguardo al trattamento dei lavoratori da parte delle aziende: si assumono persone per un tempo determinato che può variare da una settimana fino a sei mesi. Questo non significa creare posti di lavoro ottimali, ma solo eliminare parte della disoccupazione con modalità temporanea come temporaneo è il lavoro stesso. Nei contratti di collaborazione il dipendente non ha diritto alle festività feriali, ai bonus malattia, neanche ad un giorno di riposo.

 

Non bisogna infatti credere che i posti di lavoro siano una quantità fissa, dipendendo questa dalla capacità della società di imporre bisogni; a soddisfare questi bisogni saranno individui in dinamica evoluzione. Importante sarà una scolarizzazione diffusa, e altrettanto importante la disponibilità individuale ad apprendere in autonomia e per tutto l'arco della vita professionale. Suggerirei a chi fa un determinato mestiere, di interessarsi per tutta la propria vita (lavorativa) agli argomenti attinenti il proprio mestiere. Per chi studia potrà essere utile imparare fuori dal contesto scolastico. Per esperienza so che i corsi di formazione non sono indispensabili: anche secondo le ricerche statistiche di un istituto indipendente che non cito, è così. Il fatto è che questi corsi, spesso con un sussidio sotto forma di rimborso spese, risultano molto attraenti per i nostri giovani connazionali inoccupati.

 

Diverse circostanza hanno portato a questo e anche se Enti e Regioni si definiscono soddisfatti di questi corsi sappiamo invece che il più delle volte rappresentano un contenitore per parcheggiare persone in cerca di una nuova, o di una prima occupazione; parcheggio lungo il difficile percorso tra la fine della formazione accademica e il principio della vita lavorativa. Questo periodo può anche essere molto lungo. Intere categorie di applicanti e tirocinanti, ma anche adulti, hanno fatto il percorso dei corsi di formazione. Si guadagnano alcune indispensabili decine di Euro di rimborsi, si può finalmente affermare a parenti e amici scettici che si è in un certo modo 'occupati', si può soddisfare le proprie ansie avendo qualcosa da fare quando tutti vanno al lavoro, ma il problema di fondo non viene rimosso. Spesso dopo il corso di formazione ricomincia la disoccupazione: allora? Ecco pronto un bel corso per 'inoccupati', dedicato a chi lavorava e lavorerà ancora certo, ma fa parte di quella percentuale di disoccupati, che cala certo, ma non si azzera mai. Si cerca di far fronte a questo; occorre riflettere anche sulle privatizzazioni e sul monopolio. Ci si chiede se le privatizzazione dei servizi siano giustificabili.

 

Se il servizio diviene più efficiente si possono in effetti creare posti di lavoro: ma se privatizzando un Ente Pubblico facciamo subentrare un privato che sia l'unico che abbia il potere di esercitare tale attività, allora semplicemente ci spostiamo da un monopolio pubblico verso un monopolio privato: occorre seguire l'esempio della privatizzazione della telefonia mobile in Italia. C'è stata in questo sviluppo della telefonia un aumento degli operatori in concorrenza: si crea una nuova dimensione di lavoratori, perché tutte le aziende coinvolte nella corsa commerciale hanno vivo interesse a concorrere per i primi posti; c'è quindi una maggiore necessità di personale e si creano posti di lavoro. In effetti, in Italia, tutti i gestori delle telefonia mobile, accanto alla Telecom Italia Mobile, hanno creato occasioni di lavoro e hanno effettivamente assunto delle persone.

In questo versante si può affermare che la domanda va verso l'offerta per equilibrare il tasso di disoccupazione; ma ci sono dei limiti anche se uno di questi costituisce una scommessa con il futuro, creata da intraprendenti datori che lavoro che vanno realmente verso l'offerta. Intendo che le aziende si trasferiscono nel Sud della penisola, laddove negli anni Cinquanta era stata forte la migrazione verso il Nord o verso l'Estero, e si era creato ancora un maggior impoverimento. Occorre creare le condizioni di sussistenza per le quali gli imprenditori del Nord decidano si investire uomini e mezzi nel Mezzogiorno. Alcune industrie italiano lo stanno già facendo. Ma occorre uno sforzo unito di tutte le potenzialità dello Stato.

Al Sud mancano le ferrovie, e i trasporti di merci lungo la penisola avvengono per il Sud su gomma, sugli inquinanti e pericolosi autotreni.  Costosi e inquinanti ma necessari. Fino ad una completa rivisitazione delle infrastrutture esistenti. Come le leggi per l'imprenditorialità giovanile, valvola di sfogo che consente di disporre di contributi pubblici per fare mpresa. Le statistiche hanno disegnato una disoccupazione in calo percentuale rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso: lo rende noto l'Istat, l'istituto per la ricerca statistica, che spiega che si tratta di un sensibile rallentamento rispetto alla crescita tendenziale dell'ultimo periodo. Nel primo trimestre di quest'anno l'occupazione segnava un piccolo incremento, lo 0,4% e il numero delle persone in cerca di lavoro era in discesa.

 

Ma qual è il problema di fondo della nostra epoca riguardo al lavoro? Forse nella definizione attuale dello stesso: talmente flessibile e alternativa deve essere l'occupazione a detta della Confindustria, da adattarsi al lavoro atipico, ossia precario. Ci hanno spiegato che secondo la flessibilità nel lavoro occorre abbandonare l'idea di “posto fisso” e orientarsi verso un dinamico scambio dei ruoli e dei luoghi di lavoro; perché, così facendo, avremmo potuto adattarci ai cambiamenti imposti dal mercato del lavoro, diventato un mercato globale, con un nuovo paradigma socio-economico e produttivo e basato sulla mobilità e flessibilità. Molte imprese per tenere sotto un certo livello il costo del lavoro utilizzano il cosiddetto “outsourcing” cioè l'esternalizzazione di interi processi produttivi per accrescere economicamente l'azienda e migliorare i profitti. Stiamo assistendo ad un nuovo cambiamento, e cioè il superamento della legge Biagi(Dlgs n. 276/2003); questa permette contrattualità lavorativa per la quale il lavoratore si poneva a disposizione di un datore di lavoro che ne poteva utilizzare la prestazione lavorativa”. La prima misura efficace dell'attuale riforma del governo è consistita in un giro di vite contro l'abuso delle collaborazioni autonome “a progetto” nei Call Center, mediato con la circolare del ministero del Lavoro n.17/2006 che si basa su una precisa applicazione di quanto disposto in materia dalla stessa legge Biagi.

Attività fisica

L’attività fisica ci migliora

Correre fa bene

 

 

E’ stato ampliamente dimostrato come una qualsiasi attività fisica migliori lo stato di salute di una persona; aiuta la circolazione e fa perdere peso oltre a migliorare l’umore.

 

Malesseri come lo stress e l’ansia migliorano quando si fa sport; la ghiandola surrenale viene coinvolta ed immette nel angue elementi responsabili dell’aumento della frequenza cardiaca: in questo frangente la corsa si rivela uno sport vincente. Studi specifici hanno dimostrato che la corsa migliora l’efficenza circolatoria e cardiaca, in quanto durante la corsa avviene una azione vasodilatatrice che perdura anche dopo l’allenamento. Il sangue circolante incontra meno resistenza e la pressione arteriosa tende a diminuire.

 

Inoltre chi corre perde peso in modo rapido, in quanto si consumano le cellule adipose di riserva, quelle che durante una normale attività fisica non vengono intaccate: l’eliminazione dei grassi avviene attraverso un processo chiamato lipolisi. Questo processo si innesca perchè i grassi vengono utilizzati dai muscoli come fonte di energia. Il grasso corporeo diminuisce e si ottengono vantaggi estetici e di salute. Inoltre con una diminuzione dei trigliceridi, diminuisce anche il tasso di colesterolo nel sangue.

 

Un altro effetto benefico è costituito dalla riduzione degli zuccheri circolanti nel sangue.

Sono stati effettuati degli studi su persone affette da scompensi diabetici ed è stato osservato come la corsa aiuti la teraapia a base di insulina; una parte di persone che si sono sottoposte al test hanno potuto fare a meno della dose di insulina, perchè, pur diabetici, facevano un intensa attività fisica.

 

Attenzione però: l’approccio con la corsa deve essere graduale, come lapproccio con ogni altra attività fisica di una certa intensità. Non stancarsi fino allo sfinimento, anzi terminare l’allenamento avendo ancora una se pur piccola riserva di energia. Si consiglia all’inizio di lavorare sulla quantità di kilometri percorsi per “farsi il fiato”; poi si aumenterà la velocità e si percorreranno percorsi ad andature più sostenute. Cercate sempre di correre possibilmente su terreno morbino; troppo asfalto può infiammare i tendini e correre su terreni sconnessi può danneggiare l’articolazione delle caviglie.

 

Allenarsi almeno tre volte la settimana, a giorni alterni concedendosi giorni alternati di riposo, correndo con ritmo blando e tendendo ad aumentare solo gradualmente la distanza e la velocità. Presto si otterranno piccoli risultati che ci daranno il la per intraprendere una serie più precisa di allenamenti: con l’esperienza aumenterà poi la sicurezza in sè stessi, e i benefici della attività sportiva faranno il resto.

Auto a idrogeno

Auto a idrogeno

Arrivano le nuove auto

 

La nostra epoca ha visto un incremento dei trasporti su base globale, accompagnato da un relativo aumento dell'inquinamento, costituito da tracce chimiche della combustione dei  carburanti. Si stanno studiando nuovi tipi di carburanti per auto-trazione: si parla molto attualmente delle auto ad idrogeno; L'idrogeno infatti, se combusto in appositi motori per auto, non crea il particolato, elemento inquinante dell'aria che respiriamo, ma piuttosto produce anidride carbonica. Non sarebbe un nostro problema se non fosse per il fatto che l'anidride carbonica è il nemico numero uno dello strato di ozono, elemento vitale che circonda il globo terracqueo. Infatti il famoso “buco nell'ozono” di cui si parlò molto come effetto dell'inquinamento atmosferico alcuni anni fa, è causato dall'anidride carbonica immessa nell'aria anche tramite i nebulizzatori che la  contengono sotto forma di spray.

 

Immessa in atmosfera l'anidride carbonica prodotta dalle auto ad idrogeno sarebbe comunque dannosa. Meno inquinante è la tecnologia “Fuel Cell”, batterie chimiche capaci di produrre energia elettrica combinando l'idrogeno con l'ossigeno dell'aria. L'idrogeno non è una fonte di energia bensì un mezzo per ottenterla, quindi un vettore energetico, una batteria chimica capace di conservare l'energia e di rilasciarla quando viene richiesta; in altre parole si tratta di un sistema per immagazzinare e trasportare l'energia: il recupero di energia può quindi avvenire bruciando l'idrogeno, ottenendo energia sotto forma di calore, o sotto forma di elettricità con l'uso di motori a celle di combustibile. L'unico prodotto di scarto generato sarebbe acqua anziché l'anidride carbonica. Ma per passare all'idrogeno dovremmo spendere molto in infrastutture atte ad operare con questo gas, consumando energia per costruirle; inoltre tali infrastrutture implicherebbero un rischio ambientale: si tratta infatti di un gas altamente infiammabile ed esplosivo. Occorre però ascoltare anche l'opinione di chi dichiara che il problema dell'inquinamento urbano causato da polveri sottili scomparirebbe, se il parco auto circolanti fosse composto interamente da auto a idrogeno. Ma occorre dire anche che in tal modo l'inquinamento si accentrerebbe presso i siti di produzione dell'idrogeno, divenendo quindi delocalizzato rispetto alle auto. Occorre valutare con attenzione questo parametro in quanto l'impatto ambientale finale sarà evidente. Le auto di questo futuribile combustibile non rilasceranno emissioni inquinanti; l'unico scarto sarà vapore acqueo. Rimarrebbero invariati i consumi, e anche alla luce dei nuovi sistemi per produrre energia, pianificando i costi complessivi, si denota che data una certa quantità di energia prodotta da fonti rinnovabili, risulta più vantaggioso usarla per i consumi domestici e utilizzare i combustibili tradizionali per i trasporti, anziché usare questi combustibili per produrre idrogeno del nuovo tipo di auto.

 

Per contro gli scienziati affermano che nell'economia prossima ventura delle auto ad idrogeno il gas stesso verrà prodotto con un nuovo sistema denominato elettrolisi, che consiste nell'utilizzo di energia elettrica per scindere l'acqua ed ottenerlo; inoltre questa energia elettrica necessaria sarà prodotta da fonti rinnovabili quali gli impianti eolici e solari.

Dal colosso tedesco delle auto, la BMW, fanno sapere che un certo numero di auto con possibilità di effettuare rifornimanti a idrogeno: l'indispensabile compresenza di due serbatoi ha fatto sì che il modello di auto scelta come prototipo fosse una berlina ed ha optato per la nuova della serie 7, il modello di maggiori dimensioni della BMW. Si è pensato ad una doppia propulsione per superare il potenziale ritardo nelle infrastrutture che verranno dotate di erogatori di idrogeno. Già nel 2004 avevamo visto al salone internazionale dell'auto a Parigi un modello innovativo: si tratta della H2R, veicolo in grado di una autonomia di 300 kilometri con una sorprendente accellerazione da fermo: sei secondi per raggiungere i centro kilometri orari. Ma la BMW sembra la unica ad essere ottimista; secondo l'Unione Petrolifera le automobili elettriche oltre che quelle a idrogeno liquido non avranno successo; constituiranno infatti una esigua quota di mercato che vedrà il gasolio per autotrazione impiegato nel 43% del parco circolante. Sarà lUnione Petrolifera ad effettuare una scelta aziendale quando si tratterà di porre in funzione sul territorio in maniera capillare i distributori del nuovo combustibile, sia esso  idrogeno, metano o biocarburante ed è difficile progettare una produzione di massa di automobili ecologiche in assenza di distributori. A chi si chiede come sarà andare a fare “il pieno di idrogeno”, diremo che il tempo necessario sarà lo stesso in cui si riempie un serbatoio di gas gpl o metano. Occorre sottolineare che già esistono distibutori di idrogeno per un limitato numero di auto circolanti oggi; di solito si tratta di auto blu o di auto aziendali. Ma l'idrogeno non è il solo combustibile che le nuove autovetture potranno adottare: alcune infatti funzioneranno a “Biofuel”: Questo bioetanolo viene ricavato dal latte e, in Nuova Zelanda, lo stabilimento Fonterra's Edgecumbe è attualmente capace di una produzioine di 30mila litri di bioetanolo al giorno. Un nuovo carburante prodotto dagli scarti di legno è attualmente allo studio presso Luniversità della Georgia; il carburante non ha ancora un nome e potrà essere miscelato con il biodisel, con i tradizionali diesel e benzina.L'aspetto innovativo di questo addittivo sarà che potrà essere usato nei tradizionali motori Diesel che non necessiteranno di modifiche; inoltre è  prodotto a basso costo, non ha un impatto ambientale negativo, ed è, anzi facile e sicuro da produrre. In Giappone hanno adattato l'idea ad i loro usi: ricicleranno milioni di bacchette di legno usate tradizionalmente da loro come posate domestiche, per farne biocarburante. Nel Paese verranno distribuiti appositi contenitori dove riporre le bacchette da cibo usate per inviarle allo stoccaggio. Mentre da una parte si progetta dall'altra già si costruisce: in Brasile infatti il bioetanolo viene utilizzato come alternativa alla benzina e ai derivati tradizionali del petrolio.

Si tratta di un etanolo prodotto fermentando prodotti agricoli come i cereali; il prodotto risultante viene utilizzato senza modificare il motore se in una specifica percentuale. L'utilizzo di questo elemento abbassa notevolmente le emmissioni di anidride carbonica. Ma attualmente assistiamo anche ad un altro progresso, riguardo alle autovetture non inquinanti: in India si sta lavorando alla progettazione di una futuribile auto elettrica, infatti esiste una mini car elettrica a emissioni inquinanti zero a lanciare la sfida nella corsa all'auto ecologica, si tratta di un veicolo prodotto in India dalla Reva Electric. Ne hanno sperimentato 2000 modelli, in Europa oltre che in India, e i test hanno dato risultati positivi; dalla azienda produttrice fanno sapere che vogliono chiudere il 2007 con la produzione di tremila auto elettriche mentre la proiezione aziendale del prossimo anno sarebbe di trentamila unità prodotte. Il petrolio, sottolineano alla Reva Elettric costa intorno agli 80 dollari al barile, (livello massimo raggiunto quest’anno, N.d.R.) e potrebbe toccare i 100 dollari al barile, e il problema dell’inquinamento nel centro delle città è serio. Appare chiaro come anche un Paese in forte via di sviluppo come l’India sia sensibile al problema dell’inquinamento e della tutela dell’ambiente, visto attraverso la lente del risparmio energetico. L’India è una Nazione complessa, con grandi centri urbani ad alta densità di popolazione, vere e proprie metropoli come Nuova Delhi e appare chiaro che occorre reinventare l’idea di mobilità urbana, visto l’alto tasso causato in questi agglomerati urbani dalle emissioni di Co2.

 

La nuova auto elettrica potrà raggiungere la velocità di 80 km orari, sarà omologata per 4 posti e rientra negli incentivi varati dai governi in diversi Paesi europei per l’acquisto di auto non inquinanti. In testa a questa campagna di incentivi il caso del Giappone: i proprietari di auto elettriche riceveranno un finanziamento di circa 2,600 dollari dallo Stato, pari a 2000 euro. Ma da Londra arriva una novità: una supercar elettrica capace di una accelerazione sorprendente, da zero a cento km orari in soli 4 secondi; questo innovativo modello elettrico apre la strada ad una rivoluzione ecologica e, forse già fra un anno la vedremo competere con le classiche supercar Porsche e Ferrari; questa auto elettrica infatti raggiungerà punte di 209 km orari, pari, nel panorame delle supercar nazionali, alla Ferrari 575 Maranello: il tutto però, senza usare carburanti tradizionali. Si chiamerà Lightning, (fulmine, N.d.R.) e la potenza di settecento cavalli sarà erogata da 30 batterie ricaricabili in solo dieci minuti, e che forniranno un’autonomia che permetterà di percorrere oltre 400 km. Inoltre queste batterie funzioneranno per dodici anni senza bisogno di manutenzione. Non più solo auto elettriche che sono utilitarie con basso profilo di prestazioni ma una vera auto sportiva che permetterà di risparmiare, a parità di consumi con carburanti tradizionali, circa 15 mila euro l’anno. Naturalmente sarà equipaggiata come un’auto di lusso con rifiniture in alcantare e sedili in pelle, avrà il navigatore satellitare e l’impianto predisposto per l’I-Pod,e sarà dotata di ogni comodità. I quatto motori elettrici HI-Pa Drive, saranno montati direttamente sui mozzi delle ruote da 50 cm, e saranno monomarca, permettendo quindi una ripresa eccezionale da auto ferma.

L'Amianto nell'Italia malata

 

Le industrie che inquinano

 

 

 

Ci sono zone della nostra penisola in cui sono più evidenti gli effetti dell'inquinamento come alcune specifiche aree: tra queste Casale Monferrato in provincia di Alessandria, dove era in funzione l'azienda Eternit che produceva l'omonimo materiale isolante. E' stata fatta anche una specifica diagnosi delle oltre mille morti dagli anni ottanta ad ora. Si tratta del mesolioma: il gradino precedente il tumore. Il mesioloma ha una latenza anche di trenta anni. Alcuni, di quella zona del Piemonte, se la sono cavata con l'asbestosi, malattia polmonare che non sempre evolve in tumore; ma non tutti sono stati così fortunati. Negli anni settanta nei cortili delle case c'erano cumuli di polverino Eternit. I responsabili della fabbrica, dicono da quelle parti, sapevano tutto ma non hanno fatto niente per impedire una intossicazione mortale a livello epidemico.Un altro sito di questa penisola avvelenata è costituito da un paese accanto al quale è stata costruita una fabbrica di un noto gruppo chimico. Un altro esempio è il polo petrolchimico di Gela voluto dal 'ricercatore italiano di petrolio' Enrico Mattei. Ma ciò che ha veramente avvelenato l'Italia negli ultimi cinquanta anni è stato l'amianto.

 

Fibre aerodisperse dovuta all'erosione delle rocce che contengono lo stesso amianto, dovute agli agenti atmosferici, sono state scoperte nell'alta Val Malenco, in provincia di Sondrio. Inoltre un tipo di amianto, il crisolito, veniva estratto dai giacimenti piemontesi nella miniera a cielo aperto di Balangero, a Nord-Ovest di Torino. Anche in Val D'Aosta era presente un giacimento, ubicato presso la miniera di Settarme-Chassant nel Comune di Emarèse, ad una altitudine di 1370 metri s.l.m. Quest'ultima è stata aperta dal 1872 al 1970 a fasi alterne. Ma vediamo un momento nei particolari cosa è questo minerale: le rocce di amianto sono costituite da fibre il cui asse nel giacimento è parallelo rispetto alla vena nelle rocce di tipo a serpentina, mentre nelle rocce di tipo litoclasi le fibre di amianto nella roccia risultano perpendicolari alla vena estrattiva. Le miniere di amianto possono essere a galleria o a cielo aperto. Le fibre sono conosciute per la loro sorprendente resistenza al fuoco e agli agenti chimici, hanno una quasi inesistenza conducibilità elettrica, quindi non si elettrizzano e possono essere nel caso di funi e corde sottoposta e trazione senza che se ne alteri la struttura.

 

La scoperta della tossicità del minerale amianto è remota nel tempo. Ma partiamo dal manuale di mineralogia e vediamo cosa é l'amianto. Il nome latino Asbestos significa indistruttibile. L'amianto è stato impiegato anche nella metallurgia per la costruzione di materiale di attrito dei freni e delle frizioni di locomotive e di vagoni ferroviari comunemente chiamati “ferodi”, e nei rivestimenti plastici tipo “linoelum”. Infine ha unatrovato impiego nella produzione di mastici. E' stato usato per decenni ignorandone la tossicità e tutt'oggi anche se oggi nel nostro Paese l'amianto è bandito esistono ancora moltissimi edifici in cui esso è presente e la pericolosità consiste nel fatto che queste fibre possono essere rilasciate dal manufatto e diffondersi nell'aria, finendo con l'essere respirate. Da questo punto di vita l'amianto in forma friabile è quello più pericoloso.Si riteneva che l'amianto fosse innocuo; forse perché le micro particelle in cui si scinde se sottoposto ad usura non sono visibili ad occhio nudo. O forse perché grandi opere del passato videro l'amianto protagonista: la coibentazione del transatlantico Queen Mary nel 1932 per esempio. Oppure per il fatto che in quel periodo storico era già stato usato nelle metropolitane di Parigi e Londra in sostituzione di materiali infiammabili: ma allora poco si sapeva della tossicità di questo minerale.

 

Le specifiche proprietà fisiche e chimiche dell'amianto ne hanno favorito un impiego massiccio, e la fibbra grezza veniva lavorata per molti e diversi usi. Successivamente è stato scoperta la pericolosità dell'amianto e con la Legge 257/1992 se ne é dichiarato la cessazione dell'impiego e lo smaltimento controllato di quanto ancora presente nell'ambiente. Questa Legge è conosciuta con il nome di “Piano di protezione dall'amianto” e ha comportato specifiche azioni di formazione dei soggetti con potenziale esposizione all'amianto nelle fasi di smaltimento finale dei rifiuti. Ora sappiamo che l'amianto è nocivo: ne abbiamo preso coscienza venendo a conoscenza della pericolisità costituita dal fatto che questo minerale può rilasciare fibre potenzialmente inalabili. Gravi patologie possono essere innescate con danni spesso irreversibili all'apparato respiratorio. L'amianto si può presentare sotto forma di vernice applicata, o allo stato solido; può essere compatto o friabile. Massimamente pericoloso l'amianto friabile anche se sottoposto alla semplice pressione delle dita: questo amianto può rilasciare spontaneamente fibre.

 

Questo pericoloso minerale dovrebbe farci riflettere sul fatto che talvolta le ragioni economiche e la salute pubblica non sussistano sullo stesso piano: l'amianto si presentava come un materiale economico e utile, per certi versi difficilmente sostituibile con altri manufatti. A distanza di quindici anni dal promulgamento della Legge in materia il pericolo non è affatto superato: i materiali per edilizia contenenti amianto sono ancora diffusi nonostante i divieti succitati. Fortunatamente nei nostri giorni sono piuttosto occasionali le esposizioni professionali che si verificavano negli anni passati: il problema del nostro tempo, riguardo l'amianto, è quello delle basse esposizioni, solitamente non professionali dovute a dispersione nell'ambiente. Occorre pensare che subiamo i danni dell'amianto in modo passibile e che non è una norma comportamentale ad indurci a ciò. L'amianto è dovunque intorno a noi, quindi semplicemente vivendo nelle nostre case, senza alcun comportamento specifico, siamo esposti alla dannosità di questo materiale, usato indiscriminatamente per anni, nonostante se ne conoscesse la potenziale tossicità.

 

Sembra incredibile ma l'aria all'interno delle case risulta più tossica, per numero di fibre di amianto disperse, che l'aria all'esterno degli edifici. Se uno dice: in strada c'è lo smog che inquina, se sto chiuso in casa sono al sicuro. L'amianto contraddice tutto questo: il rischio è proprio insito nello stare in casa. L'amianto delle intercapedini e dei rivestimenti potrebbe risultare tossico per la salute, anche in caso di brevi esposizioni, o esposizioni limitate. Se soggetto ad usura del tempo, già di per se questi pannelli di amianto risultano essere pericolosi: Infatti a causa dello stress termico a cui sono sottoposti, i pannelli possono cedere fibre sotto forma di particelle aeree, causa di malattie già pericolose comew l'asbestosi, causata appunto dalla penetrazione di fibre di amianto, minuscole ed indistruttibili, all'interno del tessuto polmonare. In forza della sua resistenza chimica specifica, le fibbre di amianto rimangono intatte all'interno dei polmoni e causano danni che possono portare a tumori.

 

Ma vediamo cosa dice la Legge: dal 26 settembre 2006 sono in vigore norme più severe per tutelare i lavoratori dal rischio amianto: Il Decreto Legge prevede che un datore di lavoro nel momento in cui intraprende lavori di demolizione o di manutenzione, si accerti della presenza di amianto, e nel caso sussista, dice la Legge, anche un solo minimo dubbio sulla presenza di amianto, allora provveda a tutte le misure necessarie per eliminare o ridurre i rischi per la salute dei lavoratori. I datori di lavoro devono provvedere anche alla formazione teorica dei propri lavoratori “rimandandoli a scuola”, presso centri di formazione appositi, poiché possano apprendere in cosa consiste il problema amianto e il rischio che questo minerale comporta.I lavoratori impareranno a trattare in modo sicuro l'amianto da rimuovere: infatti la rimozione di vecchio amianto è la situazione potenzialmente più pericolosa per i lavoratori: nel momento in cui l'amianto si scinda in fibe mentre viene tagliato c'è una grande dispersione di particelle.

L' ambiente domestico

Ambiente Domestico

 

L’ambiente in cui viviamo

 

 

L’ambiente domestico viene ritenuto, a torto, tra i più sicuri; più sicuri dal punto di vista dell’inquinamento ambientale, o meglio così si pensa, mentre dai dati di analisi chimiche riscontriamo che non è così. L’ambiente casa infatti è uno spazio in cui oltre ai rischi accidentali consueti, si aggiungono i rischi ambientali: danni notevoli si possono avere dai prodotti per la pulizia della casa, e non solo. Greenpeace, il grande organismo ambientalista, ha recentemente pubblicato del materiale a riguardo: un minicorso per dare a chiunque la consapevolezza dei veleni che si nascondo tra i prodotti di uso quotidiano. Ad esempio, in cucina, un prodotto al quale bisogna porre attenzione è il detersivo per il pavimento: questo prodotto di sintesi contiene i ftalati, elementi che possono causare danno all’uomo se vengono in contatto con la pelle o se entrano nella catena alimentare. Altri elementi tossici contenuti nel detersivo per pavimenti sono gli Alchilfenoli: anche questi come per i ftalati sono stati in parte banditi; dai giocattoli per l’infanzia per esempio. Continuano tuttavia ad essere presenti in molti beni di consumo. I ftalati si trovano anche nei prodotti per la pulizia della persona; quindi in sostanze come gli shampoos e i profumi. Di maggior quantità nei profumi e nei saponi sono invece i muschi sintetici; anche questi un prodotto tossico, che può essere assorbito attraverso la pelle e che può causare danni agli organi interni.

 

Un elemento inquinante che viene reclamizzado come antiacari, può essere un complemento per la camera da letto, che contiene composti organostannici: si trovano nei tappeti e nei materassi: sono utilizzati come stabilizzatori nei prodotti plastici in PVC e nei trattamenti contro acari e muffa. Sono composti pericolosi anche a bassi dosaggi, e sono in particolar modo neurotossici. Una cosa poi che non dobbiamo dimenticare è quella di aereare ottimamente gli ambienti dopo aver spruzzato un insetticida, specie se si tratta di una applicazione localizzata, con una decisa emissione di soluzione aereosol. Un forte assorbimento di insetticida può essere pericoloso, presentare dapprima lacrimazione e giungere fino alle convulsioni. Ci sono poche e preziose regole che se rispettate potrebbero evitarci problemi di intossicazione tra le mura domestiche: se in una abitazione vivono bambini, si tratta di tenere fuori dalla portata dei questi tutti i possibili intossicanti; possibilmente tenerli chiusi a chiave in posti non accessibili. I recipienti poi devono essere chiusi e occorre ricordarsi di non travasare in altri contenitori non adatti il contenuto dei dispenser di detersivo ai quali siamo abituati: bottiglie diverse, di liquido colorato e anonimo potrebbero confonderci e trarci in inganno. Alcuni prodotti come il brillantante per piatti e bicchieri può essere scambiato per acquapotabile, dato il suo aspetto trasparente.

 

Inoltre attenzione agli incendi; non lasciare fiammiferi a portata di bambini se questi lì  vivono; i fiammiferi sono pericolosi anche perché il fosforo oltre ad essere infiammabile è tossico se ingerito. Pericolose risultano essere anche le sigarette lasciate incustodite, in un ambiente dove vivono bambini; questi potrebbero essere fonte di intossicazione in quanto il tabacco risula tossico per ingestione. Ma anche dove vivono adulti bisogna prestare attenzione: non lasciare mai il fornello a gas della stufa da cucina incustodito, anche per pochi minuti.

 

Occorre ricordare che gli avvelenamenti sono spesso dovuti ad imprudenza e potrebbero essere prevenuti nella maggior parte dei casi: ma cosa fare in caso di avvelenamento? Cosa fare se inavvertitamente si crea un danno di una certa entità a se o a qualcun altro con un prodotto intossicante? Innanzitutto chiamare un centro antiveleni o anche un medico; non somministrare latte; nonostante si conosca l’efficacia disintossicante di questo prodotto alimentare, il latte non si rivela necessario in fase acuta: anzi il latte facilita l’assorbimento di tutte le sostanze derivate dal petrolio o di quelle solubili nei grassi. In particolar modo non somministrare mai latte nell’ingestione di naftalina, canfora o tarmicidi; può essere invece utile quando si tratta di sostanze corrosive. Non indurre il vomito se non su suggerimento del medico. Ricordare infine, laddove sia possibile, presentare al medico del pronto soccorso preso cui ci si reca il flacone o il contenitore del prodotto chimico con il quale siamo venuti in contatto accidentale. Questo potrà aiutare il medico nella diagnosi.

 

L’Ambiente

 

I temi ambientali ai nostri giorni

 

Oggi si pone molta attenzione verso i temi ambientali e sono sorti in Italia come in Europa alcuni movimenti ecologisti. Il partito dei verdi compare in Italia nel 1985. Con l'aiuto dei Partiti Verdi in molti Paesi democratici questi movimenti hanno iniziato a svilupparsi dagli anni settanta; da quando cioè i mass media hanno focalizzato la loro attenzione sul problema del degrado ambientale.

 

Per un centinaio di anni, dalla rivoluzione industriale a trenta anni fa, non c'è stata mai attenzione verso l'ambiente: solo con la possibilità di analizzare l'aria atmosferica che respiriamo ogni giorno ci si è resi conto del problema. Esami fisici del contenuto atmosferico hanno indicato quanto sono inquinate le nostre città. Finora la scienza dell'ecologia non aveva influito sullo stile di vita delle persone e sulla politica interna. Ora il rapporto uomo natura viene studiato e ci si accorge degli sbagli compiuti. Ci si è accorti che occorre dare allo sviluppo industriale e civile che caratterizza la nostra epoca, una direzione ecologista, preservando la qualità e la quantità dei beni territoriali e delle riserve naturali. Occorre mantenere uno sviluppo economico operante in regime di equilibrio ambientale e sociale, e  compatibile quindi con gli ecosistemi, cioè con quelle porzioni del nostro pianeta delimitate da montagne e fiumi, che sono costituiti da una propria comunità vivente, la componente biotica, e dall'ambiente fisico circostante, la parte abiotica; deve esistere equilibrio dinamico. Un ecosistema è determinato da un flusso di energia e una circolazione di materia abiotica e biotica. Una rete alimentare è costituita dalle sostanza inorganiche chimiche presenti nel terreno e nell'aria che si trasformano in sostanze organiche che attraverso la catena delle proteine giungeranno ai consumatori, tra cui l'uomo. Occorre che si crei una coscienza sociale nell'opinione pubblica riguardo allo sviluppo sostenibile e alla difesa di queste risorse naturali. Per sviluppo sostenibile intendo quella forma di sviluppo urbano ed economico che non comprometta la possibilità di sussistere per le generazioni future. Questo conservando la quantità e la qualità del sistema ambiente, inteso come patrimonio naturale ambientale.

Occorre, in sintesi, mirare a rendere migliore la qualità della vita, senza eccedere la capacità di carico degli ecosistemi dai quali essa dipende. Il tasso di utilizzazione delle risorse rinnovabili non deve essere superiore al loro tasso di rigenerazione. Il tasso di inquinamento, inoltre, come il cumulo di scorie non deve superare la capacità di carico dell’ambiente stesso. Occorre inoltre limitare le emissioni dei gas serra. Questi sono l’anidride carbonica, il metano e il protossido d’azoto. Il generale aumento dell’ozono, inoltre, è causato dalle emissioni di ossido di azoto e di composti organici volatili non metanici.L’accumulo di gas serra nell’atmosfera produce un incremento delle temperature del globo, con effetti sul livello del mare presso le coste e con siccità e alluvioni. I gas combusti delle auto sono costituiti da anidride carbonica, che si aggiunge ai gas serra. Lo scioglimento dei ghiacciai è una delle principali conseguenze della temperatura media del Pianeta: il livello dei mari aumenta di 5 millimetri all’anno. Questo provoca una reazione a catena che va da piene fluviali ad un diffuso aumento delle precipitazioni. Diminuisce la disponibilità di acqua potabile e ci sono epidemie di colera e malaria ai tropici. Secondo un recente studio, l’estensione del maggior ghiacciaio del mondo , il Killimangiaro è diminuita di oltre l’80% negli ultimi cento anni. La superfice in metri quadri è ora solo di un sesto rispetto al secolo scorso.

Anche i ghiacciai italiani della Alpi hanno subito un ridimensionamento. Si sono ridotte di circa la metà, come dichiarato del comitato Glacialogico Italiano. Il fronte del più grande ghiacchiaio italiano, in Valtellina, presso Sondrio, è arretrato di due kilometri, perdendo il 15% della propia superfice.